lunedì 7 maggio 2007

Apologia dell'Epilogo.


Tante volte ti succede per un frammento d'immagine che ti passa davanti al finestrino del treno.
Un dettaglio, e inizi a capire.
E' piacevole, quando succede così. E' come ricomporre le tessere di un puzzle. Pezzo dopo pezzo, capisci dove sta la verità. E' stimolante, qualche volta divertente.

Talvolta, quando più dura e fredda è la punta della lama, il dolore lancinante arriva in un momento, nel momento in cui la spada ti apre il fianco e ti trapassa.
Inizi a sanguinare. Cadi in ginocchio.
Guardi verso l'alto e ti chiedi come sia possibile.
Poi lo guardi negli occhi, il bastardo che ti ha appena inferto il colpo. Gli hai lasciato la guardia abbassata, consapevolmente. Da anni. Non immaginavi che potesse colpirti. Non così, non adesso. Non con l'arma che per anni aveva usato in tua difesa.
Gli chiedi se era proprio qui, l'appuntamento.
Aria di sufficienza. -Sì- Risponde. E gira la spada nella ferita già putrida. Giù, spinge sull'elsa.
Nella carne.

Dannati i giorni dell' ipocrisia, da quanto tempo volevi trafiggermi?
Da quanto tempo covavi nel grembo dell'anima il rancore che hai esploso con quel fendente?
Da quanti giorni, da quante notti, aspettavi il momento giusto per farlo?
La cancrena che mi hai aperto nel ventre si alimenta con il silenzio, con il quale fai strazio di questa mia ferita slabbrata dal filo di parole della tua lama affilata come un rasoio.
Il tuo fendente trascende il litigio in corso, trascende gli eventi del presente.
Certe ferite tardano a guarire. Anche con la giusta sutura.

Tornerò in piedi.
Non voglio colpirti a mia volta.
Neanche a manca, dove so che fa più male.
Iscariota.

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